20090331

Verde prato

Estate. Caldo, molto caldo, già alle 10 di mattina. Sono in auto da 3 ore circa e mi sarò fermato sì e no un quarto d'ora a Pontecagnano per fare gasolio, pipì e caffè. Oramai il paesaggio si è fatto quasi piatto e ogni tanto, nei tratti un po' più pendenti di una strada statale praticamente infinita, scorgo il blu forte del Mar Jonio. Per il resto è tutto abbastanza grigio argilla e giallo arbusto secco. E' di un'ora fa il ricordo (ma non aiuta a vincere il caldo) dei quasi 1000 metri di quota raggiunti poco dopo aver lasciato Atena lucana, e poco prima di Marsiconuovo. Poi i pozzi petroliferi, il bosco sfiorato costeggiando il lago del Pertusillo e poi questa specie di deserto in cui mi trovo.

E' spesso così nella vita. E' quando meno te lo immagini che ti trovi nel deserto. Solo. L'illusione che il grosso fosse la salita o il pericolo fosse l'alta velocità di un'autostrada o di una ripida discesa. La consapevolezza, acquisita in ritardo, che il deserto è il problema vero. In salita sei consapevole istante per istante della difficoltà del muoversi. Quando corri, o quando la discesa ti tira giù, stai con la punta del piede sempre a sfiorare il freno, per un'eventuale necessità improvvisa di frenata brusca. E' quando ti rilassi che finisci nel deserto.

Curvo, compare un'ansa enorme dell'Agri, che era come sparito da un bel pezzo, che costringe la strada ad una esse innaturale per essere in un deserto. Nel deserto si va dritto, in genere. O almeno così si crede di fare. Improvvisamente un prato, un prato verdissimo, una macchia in mezzo al grigio-giallo. Il caldo sparisce in un attimo alla sua sola vista. E' l'oasi di Gannano.

Ma anche nel deserto ci sono le oasi. Lo sai. Lo hai letto nei libri, lo hai visto nei film. E quindi devi solo aspettare che compaia, mantenendo giusto quella lucidità da "minimo vitale" che serve a evitare di passarci vicino senza vederla. Ed è proprio così che accade, infatti.