20080826

Appeso al chiodo

Non so quante persone possono comprendere il significato, quello proprio fisico, dell'appendere ad un chiodo un oggetto che è stato un compagno vero di mille avventure e che, per un motivo o per l'altro, consapevolmente, un bel giorno si decide di accantonare per sempre. Per capire bene quello che si prova si deve aver vissuto almeno una passione come può essere quella di uno sport praticato per decenni e si deve aver avuto almeno un motivo per lasciarlo, possibilmente quando si era ancora fortemente attratti da un certo mondo, ma impossibilitati a frequentarlo ancora. E' abbastanza dura, in effetti.
Perché l'oggetto non viene buttato, o al limite regalato, in genere? Perché quel chiodo, piazzato al centro di una parete in cantina, o nel box, o in mansarda? Perché? Credo di poter immaginare il perché. L'effetto che si prova ad osservarlo è quello del salto temporale che consente una bella foto di quando eravamo giovani, appoggiata su di un mobile in camera, con una bella cornice a fare da contorno. A volte anche un salto spaziale, se il luogo che ci ricorda un certo oggetto è lontano quanto quei bei giorni in cui lo usavamo con gioia.
Passa il tempo e non ci si fa quasi più caso. Si entra in auto e non si guarda davanti, ma direttamente nello specchietto per la retromarcia. Si va a prendere il vino e si pensa solo a non far cadere la bottiglia. Poi un giorno, chissà, il chiodo un po' ossidato, o la fettuccia logora, nella visuale ti manca qualcosa e ti accorgi che è caduto, che sta lì per terra un po' impolverato. E lo raccogli e ci soffi sopra per ridargli un po' di quel colore che non avrà mai più. Appeso al chiodo.