20110121

Capitolo 33

Ma anche a voi è necessario, o giudici, guardar fidenti alla morte e fermare il vostro pensiero in questa verità sola, che ad un giusto non è possibile accada male alcuno, né in vita, né dopo morte, e che su di lui vigilano gli dèi. Questo che oggi a me avviene, non è un capriccio del caso: io son anzi convinto che morire e uscir d'ogni briga era ormai la migliore soluzione per me. Ed è per ciò che stavolta il segno divino non mi si è opposto in nulla; e, quanto a me, non sono affatto in collera né con coloro che mi condannarono, né con coloro che mossero l'accusa. Sebbene non già con questa intenzione mi condannarono e accusarono, ma pensando di nuocermi. E per ciò appunto sono degni di biasimo.
Tuttavia a loro rivolgo una preghiera. Ed è questa: i miei figliuoli, quando sian fatti adulti, castigateli, o cittadini, arrecando loro quelle molestie medesime che io arrecavo a voi, ogni qual volta vi sembrerà che si curino della ricchezza o di altro più che della virtù. E se presumano d'essere quel che non sono, rinfacciate pure loro, come io a voi ho rinfacciato, che non curan ciò che si deve e credon d'essere qualcosa e non son proprio nulla. Se farete così, io avrò da voi ricevuto quello che mi spettava, io e i miei figli.
Ma è già l'ora di andare: io a morire, voi a vivere. E chi di noi vada a miglior destino, ignoto è a tutti, tranne che a Dio.