20101028

Locke: il disagio, matrice dell'agire umano

Il bene, il maggior bene, per quanto sia appreso e riconosciuto come tale, non determina la volontà finché il nostro desiderio, crescendo in proporzione ad esso, non ci rende inquieti per la sua mancanza. Convincete fin che volete un uomo che l'abbondanza ha i suoi vantaggi sulla povertà, fategli vedere e riconoscere che le belle comodità della vita sono meglio della squallida indigenza; tuttavia, fin che egli è soddisfatto di quest'ultima e non trova disagio in essa, egli non si muove; la sua volontà non si determina mai ad un'azione che lo porterà fuori da essa. Un uomo potrà essere persuaso quanto si vuole dei vantaggi della virtù, e che essa è altrettanto necessaria a chiunque abbia grandi mete in questo mondo o speranze per l'altro quanto lo è il cibo per la vita: tuttavia, finché non avrà fame e sete del giusto, finché non sentirà un disagio per la sua mancanza, la sua volontà non sarà determinata ad un'azione atta a perseguire questo maggior bene professato; ma qualsiasi altro disagio che egli avverta porterà la sua volontà ad altre azioni. D'altro lato, un ubriacone può ben vedere che la sua salute va in malora, che i suoi beni si disperdono, che il discredito e le malattie e la mancanza di ogni cosa, persino della sua amata bevanda, lo attendono sulla via che persegue: e tuttavia i ritorni del disagio per la mancanza dei suoi compagni di baldoria, la sete abituale di quei bicchieri alle solite ore, lo spingono di nuovo alla taverna, sebbene abbia bene in vista la perdita della salute e dell'abbondanza e forse anche delle gioie di un'altra vita: il minore di questi beni non è trascurabile, anzi egli confessa di trovarlo assai maggiore che non il solleticarsi il palato con un bicchiere di vino o il chiacchierio ozioso di un circolo di beoni. Non gli manca la visione del bene maggiore: lo vede infatti e lo riconosce e, negli intervalli tra le ore in cui beve, farà risoluzioni di perseguire il bene maggiore; ma quando il disagio per la mancanza del suo piacere consueto ritorna, il bene maggiore riconosciuto perde la sua presa e il disagio presente determina la volontà all'azione consueta.