20080626

KO tecnico

Ricordo come se fosse ieri quelle sere, quelle notti per meglio dire, in cui stavo seduto a fianco a mio padre a guardare la boxe. Non che a me piacesse chissà quanto, ma vedevo in lui un interesse particolare per quello sport. E non ho mai capito bene il perché, anche perché non è che si parlasse tanto all'epoca, io e lui.
Fatto sta che sul tardi, con il balcone spalancato per il gran caldo, c'erano questi incontri in diretta da posti stranissimi dove qualcuno aveva organizzato la scazzottata. E se ne davano di pugni, se ne davano. Ricordo questi primi piani di visi ammaccati, con nasi a cui il setto era stato asportato da un secolo e che, quindi, seguivano l'andamento del match. Più storti del solito, se stava andando storta. C'erano poi quei due che ogni tre minuti, e per 90 secondi, provavano a dare indicazioni al pugile in difficoltà, a fargli vento con asciugamani arrotolati. I cosiddetti secondi.
Il momento più triste per un pugile era quello nel quale uno dei due secondi, il primo dei secondi diciamo, decideva che non era più possibile far finta di crederci ancora e si vedeva in volo una macchia bianca a fermare tutto. Quell'asciugamani, fino a poco prima improvvisato ventilatore, diveniva velo pietoso sotto cui celare quel viso a pezzi.
KO tecnico, si chiamava.