20080514

Post da frapporre ai precedenti

Non si legge sempre cosa è stato scritto.
Càpita spesso, per esempio, di leggere troppo velocemente e viene letta una parola che non è stata proprio scritta, casomai simile a quella scritta. In questo caso tutto si risolve semplicemente perché l'autore dello scritto potrebbe evidenziare che la parola in questione era un'altra ed, effettivamente, anche il lettore se ne farebbe presto una ragione. Potrebbe dire: Bon. Ma questo è un caso semplice.
Passiamo a quello più complesso. Passiamo cioè al significato di una frase, o di un periodo intero. Chi scrive, in genere, cerca di rendere comprensibile il suo pensiero, ma può non riuscirci per 2 ragioni, anzi diciamo 3 sennò mi becco un'altra bacchettata (o righellata). La prima ragione è che può non essere felice nella sua esposizione, ma a me non potrà mai capitare attese le mie qualità assolutamente eccezionali. La seconda, che è l'unica che può capitare ad un mio testo, è che chi legge non capisce. Poi ci sarebbe la terza e, dato che non mi viene in mente, facciamo finta che l'ho scritta e basta, perché devo andare a parlare dell'unica ragione che in passato non ha consentito ai miei testi di essere compresi.
Andiamo al punto. Mentre nell'errore semplice di lettura (quello di aver letto una parola per un'altra) è stato sempre semplice per me correggere la lettura, nell'errore complesso (quello di non aver capito il pensiero) è stato per me durissimo provare a fungere da correttore. Si insinua il dubbio che la spiegazione del mio testo, giunta successivamente, sia un mio esercizio retorico, per giunta effettuato in parziale mala fede. E' chiaro che il tutto si complica e l'unico modo per accettare la mia correzione diviene quello di credere in me. Di aver fiducia in me. Ovvio, no?