20100804

La tappa (corta, ma gustosa)

No, non è Lady Gaga, lei se la fa con Alejandro ormai. L'ho persa, in pratica.
Parlo di ciclismo, che è uno di quegli sport (tanti) che oramai pratico solo in tv, quando è possibile. In particolare amo le corse a tappe, per quel loro raccontarsi a puntate, tipo telenovela diciamo. Le prime tappe di un Giro d'Italia o del Tour, o anche di una Vuelta, sono più o meno di presentazione, con una breve corsa a cronometro individuale, un paio di pianure da solcare tutti insieme sorridendo alle telecamere in motocicletta, al limite una crono a squadre, così, tanto per dare una forma alla classifica. Per poi cominciare davvero. Sì, ma quando? Forse sull'Appennino, perché c'è quell'arrivo in salita in Abruzzo, o, chissà, in una di quelle tappe da centinaia di chilometri tipo da Marina di Pisciotta a Formia, passando per Agropoli, Salerno, Nola, Caserta e pure Capua, va', quando c'è il folle che se ne va in fuga alle 10 di mattina, all'ora di pranzo ha quasi un'ora di vantaggio su tutti gli altri, e poi, invece, lo prendono inevitabilmente nel pomeriggio, a 200 metri dall'arrivo sul lungomare, quando il velocista di turno lo supera a 73 all'ora, contro i suoi 35 scarsi e lo fa sembrare il fesso che, ovviamente, non è.
No, la svolta di qualunque corsa a tappe è sempre in quella parte corta e gustosa del titolo del post. Si parte più tardi del solito, verso le 13, dopo pranzo (che i ciclisti mangiano alle 11 e 45 e so' capaci di farsi pure il riposino dalle 12 e 15 alle 12 e 45). La media oraria sarà bassa, sui 30 all'ora. Quei 100-110 chilometri finiranno sempre e comunque un po' prima del tg delle 17, quindi, ma che splendido lancio per quelle notizie che mai, salvo in rarissime e funeste occasioni, vedono share a doppia cifra. Il bello è quando dalla passeggiata iniziale, dopo un'oretta di riscaldamento in cui ci si fa quella quarantina di chilometri chiacchierando del più e del meno (anche i ciclisti amano la Matematica, come è noto), si passa alla svolta brusca, in genere a destra, dove comincia un muro, perché chiamarlo salita sarebbe ridicolo. C'è sempre una fase interlocutoria, in cui non si capisce bene chi si staccherà in avanti, ma poi qualcuno se ne va sempre. Il gruppo, nei momenti che contano, non c'è mai a sostenere il più bravo. Anche il gregario più fidato, con tutta la sua buona volontà, non ce la potrà mai fare a stare al fianco del cavallo di razza. E così restano quei 2 o 3 capitani delle principali squadre a giocarsela, ciascuno da solo, con quel numero 1 a fianco alle decine ad indicare l'essere in fondo già dei predestinati a restare soli. Non conterà neanche tanto vedere chi la vincerà quella tappa. Alla fine sarà stato bello osservare i migliori battersi, con il gruppo che arriverà dopo, molto dopo, sulla vetta. E' così, il gruppo arriva sempre molto dopo sulle vette. Ma forse è giusto così.

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