20100714

La presa della Bastiglia

In cosa si distingue un uomo da un animale? Domanda a cui possono corrispondere molte repliche e nelle quali si rispecchia immediatamente il complesso pensiero di ciascuno su temi esistenziali. Quindi il solito ginepraio, si direbbe, e probabilmente è così. Ma che ce frega? Buttiamoci nel ginepraio!
Prima considerazione sulla capacità di amare degli esseri viventi. Uno potrebbe dire, dopo le solite stradibattute (vedansi quanti si vuole link reperibili in rete) tesi sulla coscienza del sé che dividerebbe il regno animale dall'uomo e che per me portano al vicolo cieco della coincidenza tra anima ed autocoscienza (e dai vicoli ciechi io esco sempre a retromarcia sparata), che gli uomini amano, si amano, amano gli animali, le piante, tutto il cosmo, mentre gli animali no. E chi l'ha detto che no? Chiunque abbia avuto in casa un animale, non solo un mammifero, ma anche un uccellino per dire, sa che c'è qualcosa di misterioso in come si viene attesi al rientro dopo un'assenza, o in uno sguardo che sa comunicare un'esigenza, ma anche trasmettere un sentimento. A me è sempre parso evidente, per esempio, tant'è che più passa il tempo e più mi viene difficile mangiare una bistecca senza pensare alla coscia di un vitello ammazzato per farmela arrivare nel piatto. Ma sto scantonando, lo so, e provo a rientrare in tema con una curva stretta. In poche parole ci sono animali che amano, e non credo che sia solo riconoscenza per il cibo che si vedono procurato da chi li cura o che quell'amore sia un derivato diciamo di un istinto di sopravvivenza in generale.
Quella che vedo come vera differenza tra uomo e bestia è, viceversa, sull'altro lato di quella che dovrebbe essere la medaglia dei sentimenti forti (come un tempo credo di averla battezzata), e cioè sulla capacità di odiare. Ricordo ancora i mitici profili di Libero. Io non odio, odio chi odia, odio non so che cosa, tutto per cercare di prendere le distanze il più possibile da questo sentimento forte che proviamo in tutti i modi, e giustamente, a cacciare via dal nostro animo, in quell'ottica di tentativo continuo di migliorare se stessi in ogni occasione possibile, che per fortuna ancora prevale tra i più. Fatto sta che, purtroppo, e sottolineo purtroppo, i miei esperimenti rigorosamente eseguiti a mo' di novello Galileo Galilei dicono altro. Dicono ben altro. E mi tornano però utili anche in questa alba che sto cominciando ad osservare qui fuori, sul mio terrazzino profumato di verde. Mi tornano utili per il fatto che come odia un uomo non odierà mai un animale. L'odio di un animale sarebbe quello che manifesta il leone quando insegue la gazzella predestinata a diventare il suo banchetto? O quello di un cane che ci abbaia contro presumibilmente per paura o perché sta eseguendo un ordine della persona che più ama? O quello di un serpente che ci morde temendo di finire schiacciato e che ha sperato fino all'ultimo nostro passo che non dovesse arrivare mai quel momento? Ecco, secondo me, l'odio animale è sì un derivato di istinti di sopravvivenza di vario genere, a differenza dell'amore (come già detto).
E l'uomo? L'uomo perché odia? Posso immaginare che in alcuni casi sia un po' come per gli animali. Penso all'avidità, che produce odio, e che potrebbe essere prodotta dall'istinto di accaparrare risorse per futuri possibili tempi peggiori. O alla gelosia, che produce odio, e che potrebbe essere prodotta dall'istinto alla procreazione. Ma non mi convince molto questa spiegazione se penso all'Olocausto, o ad altre tragedie di quel calibro. Vi è un mistero del dolore umano provocato che supera di gran lunga in termini di valore assoluto quella che può essere stata per gli storici la causa di tanto odio, tutto concentrato in un campo in Polonia, per dire. C'è un odio che nessuna specie animale credo abbia mai provato, anche quando ha rischiato l'estinzione e, al limite, evoluzionisticamente parlando sarebbe stato pure lecito tirar fuori per sopravvivere. Un odio tutto umano, quindi, quello che ci conferma che la spiegazione tutta materialistica della nostra esistenza non regge. No, non regge proprio.