20100712

Il possesso dell'accesso

Riflettevo su come sia cambiato, e in poco tempo, il modo di ascoltare la propria musica preferita. C'erano una volta le raccolte di dischi, e non parlo solo dei vecchi 33 e 45 giri (il 78 giri me lo ricordo solo nel senso che mi colpiva che fosse pari a 33+45 giri), con i loro lato A e degno lato B (che oggi è considerato solo una delle tante dotazioni di serie delle vere strafighe da spiaggia). Mi ricordo anche mensole di camerette cariche dei compact disc di ultima (allora) generazione o piccoli vani di utilitarie usate di sera da spensierati neopatentati da cui, all'apertura, poteva arrivarti sui piedi una ricca cascata di cassette registrate artigianalmente, ma c'erano anche gli artisti del ramo a cui chiedere, cortesemente, una copia della loro ultima bellissima compilation da "possedere", appunto. Adesso non è più così. Non conta più il possesso della, ma l'accesso alla musica preferita. E lo si può notare navigando tra siti, o anche solo osservando i ragazzini che smanettano sui loro telefonini, i loro marchingegni sempre nuovi da cui scaricare brani, poi cestinati per far spazio per qualche giorno a nuovi pezzi, poi di nuovo buttati via. Un possesso temporaneo, se non proprio solo un accesso.
Detto ciò, allargherei un attimo il discorso. Possesso di un oggetto, di una collezione, di qualunque cosa, significa poi manutenzione, cura, attenzione, lavoro, diciamo lavoro che è sempre una bella parola. Accesso allo stesso oggetto, alla stessa collezione, alla stessa cosa qualunque, accesso quando si vuole e solo per quanto tempo si vuole (in genere poco), significa che te ne puoi fregare abbastanza di chi l'ha prodotto quell'oggetto, di chi l'ha raccolta quella collezione. Puoi goderne del beneficio senza il lavoro, e chiudendo la partita, se sei onesto, pagando i diritti a chi quell'accesso ti ha consentito. Una buona metafora di tanti rapporti possibili. Dal possesso all'accesso. O meglio, al possesso dell'accesso.