20090223

Il limite

Ricordo ancora il mio esame orale di Analisi I. Avevo fatto uno scritto che aveva convinto poco il mio Prof (il grande, grandissimo Toscano), ma io sapevo il perché e tranquillamente gli risposi che accettavo il rischio di una bocciatura che mi avrebbe precluso la possibilità di ricimentarmi presto nella prova scritta. Quindi l'esame fu lunghetto (un paio d'ore), perché man mano, passando da un'assistente all'altra, e poi arrivando fino a lui, dovetti smentire i vari pregiudizi che il mio compito svolto maluccio aveva creato sulla mia preparazione in materia.
La prima domanda fu scontata: definizione di limite. Imbracciai il mio mitra mentale e bucai la lavagna col gesso, in pratica. Mai avrei immaginato, allora, quanto mi sarebbe servito nella vita aver imparato, bene, quella definizione.

2 commenti:

SandalialSole ha detto...

sarà che non ho mai studiato analisi matematica, ma la mia definizione di limite è sempre un po' troppo letteraria. soprattutto non univoca.

sblogged ha detto...

Presi al volo, grezzamente, da Wiki (con tutti i limiti che ciò comporta), ti offro dei cenni storici da cui anche tu potresti partire per provare a capire. "Il concetto di limite era già presente in modo intuitivo ai tempi di Archimede ed è stato utilizzato, anche se in modo non rigoroso, da Newton, Leibniz, Eulero, D'Alembert. Tuttavia la prima definizione di limite abbastanza rigorosa risale al XIX secolo con Cauchy, seguita dalla miglior formalizzazione di Weierstrass. Solo nel 1922 Moore e Smith danno una nozione generale di limite, che è quella in uso." Posso dirti, comunque, che il limite di una applicazione, se c'è, è univoco. Questo è sicuro. Ciao!