20081219

Clara Barbara Manacorda

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Ciò che in realtà spaventava i passanti era l'inquilino dell'ultimo piano, Chico il mago.
Chico era un personaggio misteriosissimo. Se ne stava quasi sempre chiuso in casa e le rare volte che usciva, camminava assorto nei suoi pensieri, borbottando parole greche o latine o forse formule magiche. Eppure aveva un aspetto gentile e gli occhi scuri apparivano vivaci e sorridenti, ma questo non bastava a tranquillizzare gli abitanti del quartiere.
Da quando si era stabilito nel vicolo, la curiosità per l'oscura e sospetta attività dell'uomo era cresciuta sempre di più, alimentata da fatti inquietanti. La luce nella stanzetta in alto restava accesa tutta la notte e dal nero comignolo usciva sempre del fumo. Era stato visto, dalle finestre di fronte, curvo su una pentola nella quale bollivano chissà quali erbe malefiche, o intento a consultare antiche pergamene. Si diceva anche che sul terrazzino si scuotesse dalla veste una strana polvere bianca o si lavasse le mani macchiate di una sostanza rossa come il sangue.
In mancanza di dati certi la gente faceva mille ipotesi. In realtà Chico non era un mago, era un grande inventore. Da giovane aveva avuto tutto. Aveva goduto in pieno della sua giovinezza e della sua ricchezza, finché erano durate. Poi le donne e gli amici si erano allontanati, ma Chico, che era anche un uomo colto, non se n'era dispiaciuto. La lettura degli antichi filosofi lo aveva reso di animo forte e generoso, e desiderava regalare agli altri almeno una briciola della felicità che aveva provato da giovane. Così, rimasto solo, decise di dedicare il suo tempo alla ricerca di qualcosa che desse gioia a tutti gli uomini, ricchi o poveri che fossero.
Spese quello che gli era rimasto per comprare antichi manoscritti, che studiò a lungo, poi cominciò a fare esperimenti. Finalmente, dopo anni di lavoro, un giorno capì di aver raggiunto la meta, ma non ne parlò con nessuno. Esitava, come se temesse che parlandone l'invenzione non sarebbe stata più sua, e si diceva che presto l'avrebbe annunciata al mondo, ma che per ora voleva ancora perfezionarla.
Povero Chico! Se solo avesse saputo quello che l'aspettava si sarebbe affrettato a divulgarla al più presto. Ecco il perché.
Sul terrazzino del mago si apriva anche la porta di una stanzetta dove abitava con il marito una donna che aveva un paio di occhi verdi e maliziosi e un'indomabile capigliatura bruna e riccioluta. Si chiamava Giovannella Di Canzio ed era furba, pettegola e soprattutto curiosissima...

Brano tratto da "Partenope magica, miti e leggende della Napoli antica".

PS: ma la strana vicenda restò viva nella tradizione popolare, e il mago e la donna restarono uniti nella leggenda, che aggiunge che nelle notti di sabato, nella stanzetta al quarto piano, Chico taglia ancora i suoi maccheroni, Giovannella prepara il ragù e il diavolo con una mano gratta il formaggio e con l'altra attizza il fuoco sotto la caldaia.