20080905

Benedetto dalla sfortuna

Queste sono le 3 parole che più mi sono rimaste impresse dei 52 minuti (dalle 4 e 12 alle 5 e 04, per gli statistici) dell'atteso discorso del candidato alla Presidenza USA John McCain.
Benedetto dalla sfortuna è la sintesi utilizzata per ricordare i suoi trascorsi in Vietnam e queste parole, pronunciate con una buona enfasi da un oratore non certo all'altezza del suo concorrente, mi sono sembrate applicabili ai destini di molte persone. Che poi questo conta per il ticket McCain-Palin in questo momento. Sembrare dentro la middle class, perfettamente a conoscenza dei problemi quotidiani che l'Americano medio vive ogni giorno, cosa assolutamente contestata da Obama & company.
Ma procediamo con ordine, che sono partito dalla fine del discorso. Ore 4 e 12: nel buio più totale compare una luce forte, bianca, ed entra McCain. Il podio è molto diverso da quello di Obama. Qui, a St. Paul, tutto spigoli con una lunga protuberanza rettangolare che emerge e che, per proporzioni rispetto al resto, potrebbe ricordare... No, lasciamo perdere. Per Obama era invece tutto tondeggiante, tutto a palla, direi. Il discorso parte con i saluti ai propri cari (bellissima la mamma 96enne di McCain, direi uno schianto in completo chiaro ed orecchini turchese) e con il riconoscimento delle doti dell'avversario, forse un fatto solo formale, ma va bene lo stesso.
Poi i vari temi, che chi vuole approfondirà dove crede (eviterei uno Zucconi molto incazzato ultimamente, forse da quando è cittadino americano ha perso distacco, non so). Ne sfioro solo uno, che è a me molto caro. Il tema energetico. Senza giri di parole McCain e Palin (che ha già messo l'Alaska a totale disposizione) puntano a nuove trivellazioni di pozzi petroliferi, a nuove centrali nucleari e allo sviluppo delle tecnologie per poi, in un futuro, trovare altre fonti di energia. Senza giri di parole dicono che Obama non si è fatto bene i conti e che col solare e l'eolico (io aggiungerei l'idroelettrico, ma non si porta più tanto ultimamente) oggi come oggi non si va da nessuna parte.
Ovvi i richiami alla guerra in Iraq, da portare avanti. Ovvia la chiusura di cui ho già detto per una persona che fa delle proprie cicatrici un vero vanto. Alla fine della fine, in un tripudio di coriandoli e con la moglie (carina, ma non mi attizza) oramai sul palco: Give up and fight! Give up and fight! Give up and fight!
Io sono fermo all'àlzati e cammina, e perciò sono ancora qui.
Baci!