Non è semplice studiare in laboratorio, attraverso modelli fisici in scala ridotta, quello che accade a grandezza naturale, anche in manufatti cosiddetti "artificiali", da considerare (secondo la visione di Magris) comunque facenti parte dei fenomeni naturali, visto che realizzati da chi ne è comunque parte.
Uno dei problemi più ricorrenti, a cui davvero non mi è stato possibile dare soluzione, è senz'altro quello della riproduzione su modello di una serie notevole di fenomeni che definirei genericamente "locali" (sia in regime permanente che nelle fasi di moto vario di avvio o di stop), che producono frequenti irregolarità nei flussi, turbolenze praticamente incontrollabili e, in definitiva, una globale dissipazione di energia. Tutto nasce dalla difficoltà di riprodurre in laboratorio gli effetti (per l'appunto principalmente locali) delle piccole irregolarità, degli spigoli, degli angoli, dei vertici per il semplice fatto che a grandezza naturale, nel senso prima spiegato, la dissipazione di energia totale dovuta a questi effetti resta trascurabile per la loro scarsa rilevanza, mentre su scala ridotta la stessa irregolarità, lo stesso spigolo, angolo o vertice producono, percentualmente, variazioni non trascurabili, e ovviamente in perdita, di energia.
E allora a volte, sì, butto pure il modello con l'acqua sporca.